giovedì 23 aprile 2020

STEP#07

Un saluto a tutti, oggi ci misuriamo con la ricerca delle tracce del nostro verbo/azione nella poesia.

Come ho già sottolineato in altro post ho trovato versi interessanti nella letteratura decadente e simbolista della metà dell'Ottocento e nelle avanguardie del Novecento.

Ho concentrato da subito la mia attenzione su una poesia di Charles Baudelaire, dal titolo "L'orologio", componimento in cui è evidente il senso di angoscia che pervade la vita poiché  lo scorrere inesorabile del tempo ricorda al poeta che ogni giorno è sempre più vicino alla morte.

L'angoscia per il tempo che passa e che lentamente cancella ogni cosa era già presente nell'età classica, ma in epoca moderna sembra aggiungersi anche un'ossessione per il tempo fatta di rapidità, di orari, ritmi di lavoro che scandiscono la nuova società borghese, travolta da una nuova concezione del tempo e dello spazio inaugurata dalla “seconda rivoluzione industriale” e dall'uso massiccio delle macchine.

E' in questa chiave interpretativa che leggo i seguenti versi del poeta “maledetto”:

Charles Baudelaire
"Tremilaseicento volte in un'ora, il Secondo
bisbiglia: "Ricordati!". - Con quella sua voce
di insetto, Ora dice: Sono già Allora, e veloce
ti ho pompato la vita col pungiglione immondo!"

Non è certamente un caso che Baudelaire abbia utilizzato il verbo pompare per indicare il concetto del tempo che risucchia la vita. Fa uso di un termine tecnico, proprio perché vittima della modernità e del progresso, così come si sentiva vittima della caducità della vita, della natura "matrigna", della tragica condizione umana.

Il termine "sotto inchiesta" rende chiaramente l'idea che il poeta voleva comunicare: la vita è estratta con violenza ed è sottratta a colui al quale appartiene, senza che possa far nulla per impedirlo.

Anche Corrado Govoni, nelle sue poesie elettriche (1911) e, in particolare nel componimento "A Venezia elettrica", fa uso di questo verbo:

Corrado Govoni


"ho nell'anima la divina malinconia
del tuo volto di femmina corrotta,
divorata dall'insonnia febbrile,
pompata fin nelle midolle più profonde
dalle bocche roventi
di tutte le lussurie
mi fai male lo so;"



Corrado Govoni, dopo un'esperienza nel crepuscolarismo, approdò al futurismo: non a caso nel testo troviamo le parole "insonnia febbrile", citata nel Manifesto del Futurismo pubblicato nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti.
In questo movimento culturale la macchina diventa un mito, nel quale si raccolgono le aspirazioni della modernità, del rinnovamento; assume il valore di un simbolo, è esaltata in quanto ritenuta portatrice di valori capaci di rinnovare completamente la realtà.

A presto.

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