Nel sottosuolo abbiamo
falde acquifere da dove l'uomo recupera l'acqua attraverso i pozzi.
Più in profondità possono esserci strati di roccia contenenti degli
idrocarburi, quindi petrolio e gas.
![]() |
Rappresentazione grafica dell'impianto di estrazione |
La tecnica del “fracking”
consiste nella perforazione di pozzi che diventano orizzontali
proprio in corrispondenza dei livelli di roccia contenenti gas. Il
pozzo scavato ha mediamente un diametro di circa 10 cm, dopodiché
nel foro si cola dell'esplosivo per creare una serie di fratture.
In
seguito vengono estese, propagate pompando una miscela
di acqua e liquidi corrosivi sotto pressione e poi mantenute aperte
introducendo sabbia, ghiaia, microsfere di ceramica come riempitivo
permeabile.
In questo modo viene
aumentata la permeabilità e facilitata l'estrazione del gas
contenuti nei pori delle rocce. A questo punto con apposite
pompe il fluido, precedentemente pompato nelle rocce, viene
risucchiato in superficie e stoccato in apposite vasche. La
depressione causata da questo risucchio tenderà a tirar fuori anche
il gas che verrà poi raccolto.
![]() |
Torre di fracking |
E' interessante osservare
che la tecnica di migliorare la produttività di un pozzo di petrolio
fratturandone le rocce risale al decennio 1860 quando in
Pennsylvania, utilizzando la nitroglicerina, venne migliorata la
produzione di alcuni pozzi perforati in rocce compatte. Si tratta dei
primi pozzi petroliferi di cui si è trattato nel post: "STEP#14 parte 2".
La comunità
ambientalista ritiene che la tecnica del “fracking”, molto
diffusa negli Stati Uniti, presenti delle controindicazioni.
Tra le più rilevanti
citiamo quella secondo cui la fratturazione indotta possa
potenzialmente propagarsi fino alla falda acquifera sovrastante. In
America sono stati registrati casi un cui dal rubinetto dell'acqua ad
uso domestico fuoriusciva del gas. Inoltre il pozzo stesso potrebbe
avere delle perdite di gas che potrebbe riversarsi direttamente nella
falda acquifera. Alcuni studi hanno fatto emergere un aumento di
rischio sismico nella zona interessata dalla trivellazione, anche se
in merito non vi sono ancora evidenze scientifiche, ma sono ancora in
corso gli studi.
Il dibattito
sull'argomento è vivace, tanto da fare di questa tecnica il soggetto
di un film: “Promised Land”.
In attesa di conoscere meglio le conseguenze ambientali legate a questa tecnica estrattiva, in Italia le autorità competenti hanno escluso l'utilizzo di tale tecnica.
Nel seguente link è possibile osservare un'animazione che dimostra in modo semplice le caratteristiche della tecnica.
A presto.
Nessun commento:
Posta un commento